1- NOI STESSI
Uscire dalla zona di confort ci espone al fallimento e questo ci fa temere per la nostra autostima. La mente, in prima istanza, rifiuta di abbandonare un pensiero strutturato, per affrontarne uno incerto.
Non è immediato resettare le proprie convinzioni. Ma per innovare bisogna aprirsi a forme mentali non usuali, altrimenti penseremo sempre nello stesso modo. La nostra mente farà resistenza e cercherà di adagiarsi sempre negli stessi ragionamenti.
2 – I COLLEGHI
Diceva Confucio “Quando fai qualcosa sappi che avrai contro chi voleva fare la stessa cosa, chi voleva fare il contrario e chi non voleva fare niente”. Competitività, supponenza ed ignavia dei colleghi sono aspetti che possono frenare chi vuole innovare. Spesso l’abbraccio mortale della zona di confort avvolge anche loro oppure, semplicemente, non si vuole concedere l’onore delle armi a chi è stato bravo.
3 – I SUPERIORI
Spesso sono gli stessi superiori a frenare l’innovazione, sia pure spingendola a parole. La zona di confort attira anche loro, soprattutto quando non si sentono all’altezza del ruolo che ricoprono. Un sottoposto che innova, portando idee nuove, può rendere palese lo spessore inadeguato del superiore ed alterare il suo orticello faticosamente guadagnato. Spesso la resistenza dei superiori si manifesta nella loro pressione ad ottenere risultati veloci e sicuri: questo può inibire l’innovazione che al contrario ha un sicuro punto di partenza, ma un incerto punto di arrivo.
4 – IL GRUPPO
Se il gruppo non viene gestito bene assumeranno prevalenza non i migliori, ma quelli più sicuri di se, i logorroici, quelli a cui piace ascoltarsi. Un’idea innovativa non verrà portata nel gruppo in quanto si teme la valutazione del soggetto negativo, di colui il quale deve dimostrare a tutti che solo le proprie idee sono quelle che funzionano. La dinamica del gruppo nell’innovazione richiede invece che le idee circolino veloci, che ne vengano prodotte tante e che vengano anche criticate, ma in modo produttivo. Il gruppo sbagliato, o gestito in modo sbagliato, può uccidere l’innovazione.
5 – IL SISTEMA DI CONTROLLO DI GESTIONE
L’attività innovativa necessita di libertà e di indipendenza per poter esprimersi al meglio del suo potenziale: troppi vincoli, obiettivi a breve, costante controllo, possono inibire le capacità creative portando a risultati miseri. D’altra parte l’azienda ha bisogno di sapere cosa sta accadendo in quell’area. Il controllo di gestione dovrà essere in grado di uscire dalle logiche di risultati a breve, per ragionare in termini di dinamica creativa, potenziale innovativo, performance non numerarie e altri indicatori. Si valuterà quindi il dinamismo, la presa sulle problematiche, il potenziale dirompente dell’innovazione. Se questo passaggio culturale manca, sarà il controllo di gestione ad inibire l’innovazione, con i suoi risultati da ottenere a breve termine, i suoi budget, i suoi report.
6 – L’ORGANIZZAZIONE
L’organigramma che non preveda spazi finalizzati ad innovare può togliere linfa vitale al processo di creatività. Gli stessi processi di circolazione delle idee se sono troppo complessi possono essere bloccati in qualsiasi punto del loro percorso. Anche un’organizzazione eccessivamente gerarchizzata sarà limitante, con troppi capi e capetti in grado di bloccare il flusso delle idee.. Anche l’area deputata all’innovazione, la Ricerca e Sviluppo, soffrirà di questa sindrome da incasellamento. Le sue attività saranno strettamente monitorate dall’interno, nulla uscirà, ma nulla entrerà, affinché tutto sia incasellato.
7 – I FORNITORI
Se un fornitore guadagna non ha motivo di voler cambiare le cose. Quindi porrà limiti, creerà complicazioni e porterà tante altre scuse per salvaguardare lo status quo. Magari saranno quelli che ancora non sono fornitori ma lo vogliono diventare, ad essere motore di innovazione: loro, al contrario degli altri, avranno interesse a muovere le acque, per proporre soluzioni innovative che gli permettano di entrare.
8 – IL FORMALISMO
L’innovazione è sostanza e non forma. Le procedure di innovazione funzionano se si fanno e non solo perché si scrive che si sono fatte. Sembra un’affermazione banale, ma in realtà è un problema molto rilevante. Ne sono esempi le riunioni di innovazione previste dalle procedure dove le idee si scrivono perché c’è un modulo da compilare. Tutto questo pone resistenze all’innovazione, perché si crede di innovare, mentre invece si compilano solo moduli e si adempiono obblighi.
9 – LE RESISTENZE CHE FANNO PARTE DELLE REGOLE DEL GIOCO
Vi sono molte altre aree di resistenza all’innovazione, ma queste non sono patologie, bensì l’essenza stessa della competizione. Vi saranno innovazioni che i clienti esiteranno ad accettare o proprio non lo vorranno fare. Ugualmente il sistema sociale, inteso come sistema di valori, avrà difficoltà ad accettare certe innovazioni. I concorrenti faranno a loro volta di tutto per bloccare le nostre innovazioni, sminuendole o spingendo i loro prodotti anche se meno innovativi. Ma tutte queste non sono vere e proprie resistenze, sono semplicemente le regole del gioco competitivo.
10 – E SE LA RESISTENZA FOSSE GIUSTA?
Parliamo di innovazione, l’area dove tutte le domande sono ammesse, le risposte scontate sono escluse e nulla è dato per certo. Ed allora quando si percepisce una resistenza, la domanda inevitabile è se forse quella resistenza è giusta.
La base dell’innovazione non è costituita dalle risposte, ma dalle domande, e anche in questo caso la domanda base è se la resistenza non sia un’occasione per migliorare ancora un poco la nostra idea creativa.